Alla scoperta dell’Umbria medievale

Week end lungo tra Assisi, Orvieto, Spello e Spoleto

Era da tanto che avevamo in mente di visitare l’Umbria e, finalmente, un week end lungo di primavera ce ne ha data l’occasione.

Abbiamo alloggiato per tre notti presso l’albergo diffuso Torre della Botonta a Castel San Giovanni, frazione di Castel Ritaldi in provincia di Perugia, tra Spoleto e Foligno. Ma cosa significa esattamente albergo diffuso? Si tratta di una struttura ricettiva che non si costruisce da zero ma che nasce mettendo in rete delle abitazioni pre-esistenti. Nel nostro caso, l’hotel è situato all’interno di un castello – Castel San Giovanni della Botonta – edificato nel 1376 su ordine di Federico II dal Cardinale Albornoz (un nome che ricorrerà spesso nel nostro diario di viaggio!). All’interno del castello, oltre al borgo fortificato che ospita le quattro camere dell’albergo, ci sono anche una chiesa medievale e i resti del ponte levatoio. E così, passeggiare all’interno del piccolo borgo diventa un’esperienza davvero suggestiva e quasi surreale.

Il nostro tour dell’Umbria parte da Assisi, la città di San Francesco. Difatti, la nostra prima tappa è proprio la Basilica dedicata al Santo Protettore d’Italia. Con autovettura al seguito, bisogna necessariamente prepararsi ad affrontare qualche centinaio di metri a piedi. Noi scegliamo uno dei parcheggi più vicini (a circa 600-700 metri dalla Basilica) e, dopo aver percorso un lungo viale alberato, giungiamo nella piazza di San Francesco.

La visita è gratuita e il percorso più o meno obbligato: si parte dalla visita della Basilica inferiore caratterizzata da pilastri bassi e grossi per reggere il peso della chiesa soprastante. Da qui si scende una rampa di scale per raggiungere la cripta dove, dal 1230, sono conservate le spoglie mortali del Santo. Se la Basilica inferiore è maggiormente legata alla commemorazione, quella superiore – in puro stile gotico italiano – è adibita a funzioni liturgiche ufficiali, come per esempio accade durante le visite Papali.

Una volta usciti dalla Basilica, ci fermiamo qualche minuto a contemplare lo splendido panorama delle colline umbre di cui si può godere dalla piazza stessa. Avendo un po’ di tempo in più si può pensare di percorrere i sentieri (ce ne sono due di lunghezza – e difficoltà – diversa) del Bosco di San Francesco. L’entrata è sul lato destro della piazza guardando la Basilica.

Noi però siamo diretti alla Rocca Maggiore, un fortino medievale situato sulla parte più alta della città da cui si gode una vista meravigliosa. Il modo più semplice per raggiungere la Rocca è posteggiare al Parcheggio Matteotti e poi, da qui, percorrere circa 400 metri in salita. Il biglietto di ingresso costa 5.50€ ma, avendo meno tempo a disposizione, ci si può accontentare di fare un veloce giro intorno al castello per godere della vista panoramica.

Noi decidiamo di visitare gli interni e, benché gli arredi siano ridotti al minimo, il tempo si rivela ben speso: nella torre centrale è allestita una mostra fotografica dedicata alla festa del Calendimaggio che si tiene i primi giorni di maggio ad Assisi, mentre le altre torri sono visitabili mediante stretti cunicoli e scale a chiocciola che portano fino in cima per godere, anche qui, di una vista impagabile.

È ora di cena e decidiamo di riprendere l’auto per proseguire verso Castel Ritaldi, dove faremo la nostra prima cena in hotel. La camera che ci è stata assegnata, la stanza del lino, è perfettamente in tema con il luogo: il soffitto con le travi a vista, il lampadario in ferro battuto e tutti gli altri arredi sono assolutamente in linea con gli ambienti esterni.

Per cena gustiamo un antipasto tipico umbro a base di salumi tipici e crostini e una zuppa di farro. Chiudiamo la cena con il caldofreddo, un dolce ricoperto da una meringa calda che racchiude al suo interno un cuore freddo fatto di gelato.

La mattina dopo il cielo appare subito minaccioso, ma non ci facciamo scoraggiare: ci aspetta una lunga giornata ad Orvieto. Per raggiungerla, però, dobbiamo percorrere più di 70 km, circa un’ora e mezza di strada. Parcheggiamo in Via Roma e, in meno di un quarto d’ora, raggiungiamo il Duomo (il biglietto d’ingresso costa 3 euro), la meravigliosa Cattedrale in stile gotico della città. La costruzione della Cattedrale di Santa Maria Assunta richiese ben 3 secoli di lavori, dal 1290 al 1591 (gli intoppi burocratici e le difficoltà tecniche, insomma, erano all’ordine del giorno). Al suo interno si trovano le stupende Cappelle di San Brizio – Santo Vescovo protettore di Orvieto – e del Corporale, che fa riferimento al miracolo del corporale – macchiatosi di sangue durante la celebrazione – in occasione della Messa di Bolsena del 1263.

Dopo esserci ristorati alla Locanda del Lupo – dove mangiamo bruschette con verdure e fettuccine con i funghi – decidiamo di partecipare alla visita guidata Orvieto underground, in partenza ad orari prefissati da Piazza Duomo. La visita, che dura circa un’ora, costa 6 euro, un costo davvero irrisorio per tutto ciò che avremo la possibilità di apprendere. Prima, però, decidiamo di fare una pausa “golosa” a base di gelato artigianale! Dal 1° al 4 maggio, infatti, in tre diverse piazze di Orvieto – tra cui Piazza Duomo – ci sono i 20 stand de I gelati d’Italia ognuno rappresentativo di una regione del BelPaese. Noi assaggiamo il Bonet del Piemonte, il Basilico e Limone della Liguria e la Fragola e Prosecco del Friuli Venezia Giulia. Davvero buoni.

Subito dopo, mentre inizia a diluviare, iniziano la visita di due delle 1200 cavità del sottosuolo della città, la cosiddetta Rupe di Orvieto. Nel corso dei secoli, le popolazioni hanno scavato nel sottosuolo, principalmente per poter prelevare l’acqua tramite la costruzione di rudimentali ma efficienti pozzi. Altre cave, invece, erano utilizzate – e sono utilizzate tuttora – come cantine, per lo stoccaggio di cibi e bevande. Altre ancora erano adibite a frantoi o fornaci per la cottura dei vasi. Inoltre, la pozzolana e il tufo venivano prelevati per usi edilizi. Infine, molte cavità venivano utilizzate come piccionaie e rappresentavano una fonte di reddito sicura per molte famiglie: i piccioni, allevati a costo zero, venivano venduti per la loro carne. Un pericolo concreto è la lenta e costante erosione della pietra: oltre a problemi oggettivi di sicurezza (tanto che molte cavità sono state riempite), bisogna considerare che il processo – se pur lento – di erosione porterà inevitabilmente la città in superficie a doversi adattare alle nuove dimensioni della rupe sottostante.

Ci rimettiamo in auto e, dopo un’ora e mezza, facciamo rientro in hotel per poi uscire nuovamente meno di un’ora dopo per andare a cena. Questa volta finiamo a Montefalco, un paese a pochi km da Castel San Giovanni, famoso per il suo vino rosso – il Sagrantino – e per essere soprannominato “la ringhiera dell’Umbria” per via della sua posizione privilegiata. Da qui si vedono le principali città del territorio, da Assisi a Spoleto, fino a Foligno e Spello. Ceniamo in un’osteria rustica e conveniente, Federico II, in piazza del Comune, una bella piazza circolare su cui si affacciano, oltre al Municipio, l’ex chiesa di Filippo Neri, oggi teatro, e l’Oratorio di Santa Maria. Davvero ottimo il maialino umbro al forno con patate.

La mattina seguente, il tempo è per fortuna clemente. La giornata è tutta dedicata a Spoleto, che dista appena 20 minuti dalla nostra base. Decidiamo di iniziare il tour della città partendo dalla Rocca Albornoziana e, per raggiungerla, parcheggiamo a Ponziniana, in via del Tiro a Segno, dove – grazie a scale mobili – raggiungiamo facilmente il Giro della Rocca, il percorso che circonda il Castello. Da qui, è possibile salire ancora grazie agli ascensori predisposti.

La Rocca, inizialmente sede residenziale per i rettori e i governatori del Ducato, divenne in seguito carcere fino al 1982, anno in cui iniziarono i lavori di restauro. Oggi la Rocca ospita il museo nazionale del Ducato di Spoleto che illustra la storia della nascita della città, nel periodo tra il IV e il XV secolo. Guarda caso, in quei giorni è in programma la festa di Cittadinanzattiva dedicata allo spreco alimentare, sanitario e ambientale. Workshop, laboratori creativi e conferenze che hanno avuto luogo nei saloni e nei cortili della Rocca. Al termine della visita, prendiamo nuovamente gli ascensori per tornare al Giro della Rocca e, percorsi meno di 500 metri a piedi, arrivamo al Duomo di Spoleto, risalente all’XI secolo. Ci sembra immediatamente meno sfarzoso e ricco di quello di Orvieto, ma dobbiamo ammettere che è anche tenuto meglio: può sembrare incredibile, ma la fonte battesimale del Duomo di Orvieto era costellata da scritte vandaliche. Decisamente un brutto spettacolo.

Grazie alla Spoleto card – che costa appena 9.50 euro – possiamo visitare sette musei, oltre ai due già citati: il Museo diocesano e la Basilica di S. Eufemia, il Museo Archeologico e il Teatro Romano, Palazzo Collicola, la Casa Romana e il Museo del Tessuto e del Costume. Per motivi di tempo, tralasciamo il primo e ci concentriamo sugli altri: partiamo proprio dalla Casa Romana, una Domus del I secolo D.C. attribuita alla madre di Vespasiano, Vespasia Polla. Al suo interno si possono riconoscere gli ambienti tipici dell’abitazione romana, l’atrio con cisterna – impluvium, il peristilium e il tablinum, la sala di rappresentanza.

Prima di visitare gli altri musei ci fermiamo a pranzo all’Osteria dell’Enoteca, un bel ristorante poco lontano dalla Casa Romana. Buonissimi gli strangozzi con il tartufo e soprattutto il dolce tipico spoletino, la crescionda, a base di cioccolato, uova e amaretti. Ci rimettiamo in marcia e visitiamo nell’ordine il Museo Archeologico (suggestivo e molto ben conservato il Teatro Romano), dove sono conservati i cippi che riportavano le leggi che vietavano la profanazione del bosco sacro a Giove, il Museo del Tessuto e del Costume (una mezza dozzina di sale dove sono esposti i paramenti liturgici e alcuni vestiti tipici umbri degli ultimi secoli), e infine Palazzo Collicola, che racchiude al suo interno un museo di arte contemporanea e soprattutto l’appartamento nobile, una ricostruzione di un’abitazione gentilizia del 700 con arredi e dipinti d’epoca. La particolarità di Spoleto è che, a differenza delle altre cittadine visitate, orientarsi è piuttosto facile, grazie ai cartelli affissi quasi ad ogni isolato che spiegano, in modo intuitivo, come raggiungere i principali punti di interesse. Qua e là ci sono anche dei cartelli che ricordano come Spoleto sia la città di Don Matteo. Oltre a proporre le passeggiate in bici del protagonista della serie tv della RAI, il cartello informativo indica qual è la corrispondenza reale dei luoghi della fiction (per esempio, la Rocca Albornoziana, nella finzione della serie tv, è il carcere cittadino).

Purtroppo è già arrivata l’ora di tornare in hotel e, dopo un ultimo giro nel centro storico di Spoleto, ci rimettiamo in marcia in direzione Castel San Giovanni.

Per cena andiamo a Trevi, un paesino arroccato su una collina a pochi km dalla nostra base. L’Osteria La Vecchia Posta si trova in Piazza Mazzini, la piazza principale di Trevi, dove si affacciano il palazzo del Comune e la stupenda torre civica. Mangiamo degli ottimi strangozzi agli asparagi selvatici, salsiccia grigliate e, per finire, un ottimo tortino al cioccolato e mascarpone.

È giunto il nostro ultimo giorno in Umbria e, prima di far rientro a casa (ci aspettano più di 5 ore di viaggio), decidiamo di fermarci a Foligno e, poi, a Spello. Foligno dista appena 25 km da Castel San Giovanni e, qui, optiamo per una visita a Palazzo Trinci, in piazza della Repubblica, su cui si affacciano anche il Duomo di San Feliciamo e il Palazzo del Municipio. Il biglietto intero costa 6 euro e comprende la visita alla Pinacoteca e al Museo Archeologico nonché ai famosi affreschi di Gentile da Fabriano, che illustrano la fondazione della città di Roma da parte di Romolo e Remo.

Interessante anche il Museo Multimediale dei tornei, delle giostre e dei giochi, che si trova a piano terra, ed è dedicato ai giochi medievali in occasione delle feste di corte, celebrazioni che vengono riproposte e rievocate ancora oggi, come per esempio accade con la festa della Quintana.

Ci trasferiamo subito a Spello, che dista circa 10 minuti di auto, e prima di visitare il borgo medievale ci fermiamo a pranzo alla Locanda del Postiglione, un bel ristorante su Via Roma, proprio alle porte della città vecchia. Spello è nota per la festa delle Infiorate (quest’anno si tiene il 22 giugno), una celebrazione che cade la nona domenica dopo Pasqua. Non è il periodo giusto, dunque, ma poco importa: visitare Spello è ugualmente un’esperienza molto bella. Vale la pena di faticare un po’ per arrivare nella parte alta della cittadina, nei pressi dell’Arco Romano, per godere di una fantastica vista, prima di far ritorno a casa.